L’addio a Carlo Mazzone è una profonda ferita per il calcio italiano, a lui devono molto tanti campioni nel corso degli anni.
Se n’è andato a 86 anni Carlo Mazzone, proprio poche ore prima dell’inizio del campionato di Serie A. Il recordman delle panchine guarderà questa stagione dall’alto, migliaia i messaggi di commozione nel mondo del calcio, i campioni hanno mostrato la loro riconoscenza.
C’è un nome su tutti che ha messo d’accordo in Italia, c’era chi lo voleva come commissario tecnico della Nazionale (e ci andò vicino nel post Lippi del 2006), chi addirittura come Presidente della Repubblica. Carlo Mazzone è stato uno degli allenatori che ha lasciato maggiormente un’impronta nel calcio italiano, partendo dall’Ascoli che giocava un calcio all’olandese.
Dai bianconeri portati dalla Serie C alla Serie A passando per l’ultima panchina con il Livorno, tante stagioni arrembanti, spesso in lotta per salvezza, ma soprattutto in grande simbiosi con i campioni. Quelli che l’hanno considerato come un padre, ricalcando il docufilm di Prime Video dedicato alla sua vita.
La carriera dell’allenatore romano è stata una continua avventura, cercando di mettere in campo prima il lato umano e poi quello tattico. Né per soldi ma per passione, il più delle volte, come quando se ne andò via dal Napoli nel 1997: non voleva prendere in giro i tifosi, quella squadra non si sarebbe salvata. Musica ben diversa a Brescia, con una salvezza epica nella stagione 2001-2002, quella di Baggio e Guardiola, ma anche del derby contro l’Atalanta e della scomparsa di Vittorio Mero.
Allo sfortunato difensore, morto in un incidente prima di una gara di Coppa Italia, furono devoluti i premi salvezza per volere proprio di Mazzone, che trovò all’unanimità l’appoggio della squadra. Baggio sui social ha avuto parole d’amore verso il maestro della panchina: “Addio mister, se ne va uno dei più grandi uomini della storia del calcio. Per tanti calciatori non era un semplice allenatore, un grande maestro. Molti lo consideravano un padre”.
La storia di Pep Guardiola da allenatore trova la sua concretezza negli insegnamenti di Carlo Mazzone. Due persone più agli antipodi – probabilmente – non esistono. Carletto core de Roma, Pep l’uomo pacato della Masia, che arrivò a Brescia per seguire da vicino l’idolo Baggio e si innamorò dei metodi di Mazzone. Di quell’umanità dell’uomo prima ancora dell’allenatore, portata poi in panchina: lo spagnolo invitò Mazzone a Roma per la sua prima finale vinta da allenatore.
Nel trio dei campioni che devono qualcosa a Mazzone, inseriamo infine Francesco Totti. Lo lanciò in prima squadra (esordì con Boskov), lo difese e fece capire all’ambiente giallorosso che solo il numero 10 poteva portare i giallorossi allo scudetto. Non si sbagliò.
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