Gianluigi Buffon, uno dei portieri più forti della storia, si è raccontato in un’intervista lunghissima al Corriere della Sera, in cui ha parlato anche del caso scommesse in cui è stato coinvolto qualche anno fa
Quando si pensa a un portiere, da italiani e non solo, si pensa subito a Gianluigi Buffon. Campione del mondo nel 2006 con la maglia azzurra, vincitore di tantissimi scudetti con la Juve, ora capodelegazione della Nazionale di Luciano Spalletti, in un’intervista lunghissima al Corriere della Sera, l’ex estremo difensore bianconero si è raccontato, ripercorrendo molte tappe della sua lunga carriera tra i pali.
E non solo, perché ha parlato anche di momenti importanti della sua vita privata, dal matrimonio con Ilaria D’Amico – che ci sarà anche se non si sa bene quando – ai figli, passando per il rapporto con i genitori. Ma nel passato del carrarese ci sono anche ombre, come quelle relative al caso scommesse in cui è stato coinvolto proprio nell’anno in cui l’Italia salì sul tetto più alto del mondo, e anche di questo Buffon ha parlato con la giornalista Manuela Croci.
Partendo da quello che è successo a Coverciano quando le forze dell’ordine hanno interrogato Nicolò Zaniolo e Sandro Tonali relativamente al calcio scommesse, l’ex portiere ha detto la sua circa la situazione che ha visto coinvolti i due azzurri (più Nicolò Fagioli), ma anche quello che era accaduto a lui.
Buffon dice la sua sul caso scommesse e non sono parole banali
Per Buffon, il tema delle scommesse è molto delicato, non solo, per lui è “sbagliato criminalizzare e non fare dei distinguo”, d’altronde, ha ricordato al ‘Corriere della Sera’, scommettere di per sé non è reato e “gli stadi stessi e le trasmissioni sportive sono pieni di pubblicità di app di questo genere”, con “lo Stato che incentiva il gioco”.
È chiaro che se un calciatore scommette sul suo sport si tratta di un reato, invece, e per questo deve essere punito, ma non lo è se punta dei soldi su pallavolo, basket e chi per loro, ha spiegato l’ex portiere azzurro, che poi ha voluto sottolineare come si dovrebbe fare attenzione nel parlare di ludopatia, che “non è un problema di quanto spendi – ha detto -, ma del tempo che dedichi a questa attività”. Per l’ex portiere fare molte scommesse da un euro non è meno grave che farne una da un milione, almeno da questo punto di vista.
“Possiamo dire che è un cretino, va bene; ma la patologia nasce dalla dipendenza, la continuità con cui si fa una cosa”, dice con sicurezza. A Buffon, insomma, non piacciono “i bacchettoni che giudicano con una superficialità aberrante senza sapere poi realmente quali siano le motivazioni”, perché anche lui c’è passato e sa cosa significhi venire “infangato senza aver commesso nulla“. L’etichetta addosso resta e forse questa mentalità andrebbe cambiata, come la fame di giustizialismo nel nostro Paese.