La sconfitta, con conseguente eliminazione, dell’Italia agli Europei continua a tenere banco. Ancora una volta è Luciano Spalletti a essere finito nel mirino dell’accusa
C’era una volta l’Italia del calcio. Quella che vinceva trofei (anche in Germania), o che quando non lo faceva, vedi in Corea e Giappone nel 2002, era colpa di qualcun altro, molto spesso l’arbitro – Byron Moreno non ti abbiamo ancora dimenticato.
C’era una volta perché, ora, quella stessa Nazionale azzurra che ha appuntato al petto quattro stelle non esiste più, e, infatti: non si qualifica ai Mondiali da otto anni, e agli Europei di quest’anno, da campione in carica, non è stata che una comparsa, piuttosto noiosa a dir la verità.
Se per quanto riguarda la competizione Fifa Luciano Spalletti non ha colpe – ne hanno, invece, almeno come commissari tecnici, Gianpiero Ventura e Roberto Mancini -, per la debacle di Berlino contro la Svizzera, che si deve sommare alla pessima prestazione nel girone contro la Spagna, più di qualcuna ce l’ha. E infatti l’opinione pubblica, fatta di allenatori da divano ma anche di giornalisti di un certo peso, non ha certamente risparmiato critiche al condottiero della disastrosa spedizione, e anche per ragioni extra calcistiche, o quasi insomma.
Spalletti ancora nel mirino: il Ct dell’Italia accusato anche di troppa ‘pubblicità’
Sulle colonne del ‘Corriere della Sera’, Aldo Grasso si è unito al coro di quelli che hanno trovato il nostro ct leggermente confuso. Non entrando nei particolari di quello che l’Italia ha fatto vedere sul campo – poco sì, davvero poco -, il critico televisivo e giornalista ha trovato un ulteriore motivo per squalificare il lavoro di Spalletti: le troppe pubblicità.
Testimonial di TeamSystem, software che si occupa anche di intelligenza artificiale, di Tim e persino del ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ovvero quello di Francesco Lollobrigida, ha scritto Grasso, “è andato in bambola”, tanto da concludere dicendo con una “vecchia regola antropologica: si possono conoscere gli ideali di una Nazione e di una Nazionale attraverso la sua pubblicità”, che no, non è recitata come ai vari attori compete, anzi.
Un pretesto, una provocazione, ma anche l’ennesima nota stonata, perché quegli stessi protagonisti – tranne Alessandro Buongiorno che non ha visto il campo, così come Raoul Bellanova, e addirittura Manuel Locatelli che non è stato neanche convocato – che ancora vediamo sui nostri schermi negli spot, sono i calciatori che hanno indossato la maglia azzurra in Germania e non ci hanno affatto sentire fieri di essere italiani, a differenza di una volta.