Roberto Baggio e un grande dolore che dura ancora dopo trent’anni: non c’è pace per il Divin Codino, e non solo
Roberto Baggio è stato certamente uno dei giocatori italiani più forti e amati di sempre. Doti calcistiche entrate nella leggenda, pennellate con la palla al piede mai più dimenticate dai tanti tifosi e appassionati. Ma a renderlo unico è stato l’affetto della gente per il modo di essere, unico nel suo genere.
Tutti hanno potuto immedesimarsi in Roberto Baggio e sentirlo vicino per il modo in cui ha affrontato le vicissitudini della vita, in campo e fuori. Un campione “umano”, insomma, con le sue sofferenze. Una delle quali ci accomuna tutti, anche se sono passati 30 anni.
Era il 17 luglio del 1994 e a Pasadena, nell’impianto del ‘Rose Bowl’, si giocava la finale dei Mondiali tra Italia e Brasile. Una finale passata alla storia, per essere stata la prima di sempre a essere finita ai calci di rigore. Con un epilogo, purtroppo, amarissimo, come ricorda bene chi c’era e quel giorno lo ha vissuto.
La gara si concluse con l’errore dal dischetto di Roberto Baggio, Pallone d’Oro in carica, a consegnare ai verdeoro la loro quarta Coppa del Mondo. Quel destro alto sulla traversa della porta difesa da Taffarel viene ricordato ancora adesso come una delle immagini più iconiche e dolorose della storia del calcio italiano ed è stato raccontato ripetutamente nella cultura di massa con spot pubblicitari, film, canzoni.
E dire che era stato proprio il ‘Divin Codino’, Baggio, a trascinarci fisicamente fino a quella finale. Un Mondiale in agonia, quello dell’Italia, che avrebbe potuto concludersi già ai gironi. Gruppo E con il Messico, l’Irlanda, gli azzurri, la Norvegia, tutte a pari punti. Per differenza reti, concludemmo al terzo posto, venendo ripescati solo grazie alla sconfitta per 6-1 del Camerun contro la Russia.
Agli ottavi di finale, quindi, di nuovo sull’orlo del baratro, in svantaggio con la Nigeria e in dieci uomini per la delirante espulsione di Zola ad opera dell’arbitro messicano Brizio Carter. Ma lì, si accese finalmente Baggio. Pari quasi al novantesimo in diagonale chirurgico e rigore segnato ai supplementari per passare il turno.
Da lì in poi, un numero 10 azzurro superlativo. Che segnò di nuovo nel finale contro la Spagna ai quarti e poi una doppietta d’autore contro la Bulgaria in semifinale. Ma nel secondo tempo contro Stoichkov e compagni, quella maledetta contrattura alla coscia.
Baggio strinse i denti, giocò in finale, ma non era al meglio, non poteva esserlo. Nel caldo torrido di Los Angeles, alle 12 ora locale, una finale comunque tesissima e con poche occasioni da una parte e dall’altra per i brasiliani. Quindi i rigori, che ancora una volta ci affossarono come a Italia ’90. Prima del Divin Codino, sbagliarono Baresi e Massaro, quindi l’errore definitivo a far calare il sipario.
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