Il 22 luglio di ventisei anni fa, il Mito del calcio italiano diventò allenatore degli azzurri a Controcalcio.com ricorda ogni cosa
E’ il Mito del calcio italiano, una leggenda, uno di quelli a cui si deve tanto, ma è altrettanto vero che molti non gli hanno dato la giusta considerazione né quando giocava, tantomeno quando allenava. E’ stato un grande portiere della Juventus, ma anche della nazionale: l’11 luglio del 1982, alla veneranda età di 40 anni diventa campione del mondo.
Poi allenatore, dirigente e il 22 luglio del 1998 diventa allenatore dell’Italia. Il traguardo sognato tutta una vita. Da quel giorno ne sono passati 26 di anni e il “mitico” Dino Zoff non ricorda granché, solo “un gran macello“, anche perché l’Italia, guarda caso, era reduce da un campionato europeo non proprio esaltante.
Sulla panchina c’era Arrigo Sacchi che per allenare l’Italia aveva preteso un contratto miliardario, ma le cose non andarono bene e si decise di cambiare, si passò prima a Cesare Maldini che arrivò ai quarti dei mondiali eliminato dalla Francia, anche qui ai rigori e fu subito allontanato dopo meno di due anni.
“Mi chiamò Luciano Nizzola – ricorda Dino Zoff a Controcalcio.com -, mi chiese la disponibilità e io nemmeno ci pensai un secondo, dissi subito sì, anche se mi rendevo conto che sarebbe stato un bel problema. Materiale tecnico ce ne era a sufficienza, ma era la critica che mi preoccupava…“.
E per uno che era stato reduce dai Mondiali dell’82, con quel silenzio stampa lungo e nervoso che ci fu, non poteva pensarla diversamente. “Non scherziamo, io diventai ct della nazionale – puntualizza Zoff con un pizzico di amarezza – ma la verità è che la maggior parte della stampa neanche mi considerava come allenatore, questa è la verità, poi si può dire quel che si vuole, ma era ed è questa la verità. Ora sono tutti carini col sottoscritto, ma all’epoca non era così”.
Nessuno era tenero anzi “da me si pretendevano subito i risultati, anche perch* eravamo l’Italia e non si poteva sbagliare”. In effetti quella nazionale non era come quella che c’è adesso. All’epoca c’erano giovani campioni come Totti, Del Piero, Nesta, Maldini e così via, già solo questi bastavano e avanzavano. “Era una squadra fortissima – ricorda Zoff -, quindi non è che ebbi così tanta paura di fare delle cose, mi seguivano e mi rispettavano, era un gruppo di ragazzi a cui devo tanto e che porto tutti nel cuore“.
Peccato solo quella finale “con quella regola assurda del golden gol (chi segnava per primo durante i supplementari vinceva la partita ndr), sembrava una di quelle regole di quando eravamo bambini, ma vabbè è andata così, però facemmo un grande europeo”.
Un giorno da dimenticare anche se il periodo da Ct non fu male per niente “nonostante la stampa e qualcuno che mise bocca dove non doveva...”, ricorda Zoff a cui chiediamo se il riferimento è a Silvio Berlusconi che lo rimproverò pubblicamente per non aver marcato Zidane in modo decente, ma il “mitico” non ci risponde anzi questo è proprio un argomento tabù e replica “non ho nulla da dire o da aggiungere a quello che dissi all’epoca…“.
Tanto che qualche giorno dopo da quella dichiarazione pubblica dell’allora presidente del Consiglio Berlusconi lui si dimise. Un’intromissione che non ha mai accettato, né mai digerito, ma ora il Cavaliere non c’è più e Dino Zoff è uno tutto d’un pezzo e non ama fare polemiche, soprattutto su qualcuno che non c’è più. Anzi ama ricordare il suo grande mentore, Enzo Bearzot: “Un uomo e un allenatore eccezionale, da lui ho preso tutto e quel bacio che gli diedi durante il mondiale era un ringraziamento“.
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